Eccoci a Mondello: Il 18 aprile 2024 gli alunni delle classi IIIE e III F, accompagnati dalle docenti prof.sse Carollo P., Ganci G., Moreci A., Tripoli L. e Lanzetta S., avviano il loro percorso didattico, programmato all’interno dei propri Consigli di classe, partendo proprio dall’antico piccolo borgo di pescatori di Mondello. Sito presso un’antica tonnara, pare che il nome Mondello derivi dall’arabo con il significato di porto del fango per via delle acque acquitrinose del luogo. Da borgo marinaro, nel tempo, la sua importanza è cresciuta diventando il salotto estivo della ricca borghesia palermitana che ne ha accresciuto il prestigio nel periodo della Belle Epoque edificando splendide ville, veri capolavori in stile liberty. La borgata balneare di Mondello è donna. Clelia, Fernanda, Franca, Jole, Luisa, Teresa, Ida, Tecla, Maria Teresa. I nomi dedicati dei villini modernisti sono tutti nomi di donne e costruiscono l’immagine estetica Art nouveau della città giardino voluta dalla società italo-belga nel pantano bonificato di Mondello. Sono Antonino Lo Bianco, Pietro Scibilia, Giuseppe Vittorio Ugo, lo stesso Ernesto Basile e Caronia Roberti gli artefici della costruzione di quasi tutta questa bellezza imponente e diffusa. Dopo una breve passeggiata lungo il litorale, indubbia attrattiva turistica e paesaggistica per la sua sabbia fine e bianca e le sue acque trasparenti dai colori cangianti dal verde al turchese, si prosegue visitando la Palazzina cinese. Come definire il sito se non un cammeo incastonato all’interno del Parco La Favorita? Parco voluto nel 1799 dal re Ferdinando III Di Borbone che, in seguito alla rivoluzione partenopea, abbandonò Napoli, trasferendo la capitale del regno a Palermo. Innamoratosi della rigogliosa campagna a nord del centro cittadino, il sovrano decise di fondare un’enorme tenuta che interessasse parte del Monte Pellegrino, la Piana dei Colli e Mondello: a tal fine, espropriò una serie di terreni ad alcune famiglie aristocratiche palermitane e attribuì al vasto possedimento il nome di Real Tenuta della Favorita, in omaggio alla duchessa di Floridia con cui probabilmente Ferdinando aveva iniziato una relazione amorosa segreta. All’interno della tenuta ordinò l’edificazione della sua dimora, commissionando all’architetto Marvuglia la ristrutturazione della “Casena”, abitazione dall’estetica orientaleggiante appartenuta al barone della Scala, Giuseppe Lombardo, arricchendola con elementi in stile Luigi XVI e pompeiano, più un ingegnoso ascensore che consentiva di portare le vivande dalle cucine direttamente al tavolo della sala da pranzo. L’edificio Si compone di cinque livelli: al seminterrato troviamo la grande sala da ballo in stile Luigi XVI, alcuni disimpegni, la sala da bagno di re Ferdinando, una sala da buffet chiamata “sala delle codine” stranamente decorata, e l’ambiente che contiene l’originale meccanismo ligneo a saliscendi della superiore sala da pranzo, “la tavola matematica”, progettata dallo stesso Marvuglia.
Al piano rialzato si trova il salone di rappresentanza alla cinese, detta anche sala delle udienze, con ai lati gli ambienti privati del re (la sala da gioco, la sala da pranzo e la camera da letto).
Al primo piano gli alloggi dei cavalieri e delle dame, e mezzanini per il numeroso personale di servizio; al secondo piano vi troviamo le stanze più belle, gli alloggi della regina Maria Carolina, con il “salotto turco”, la saletta “ercolana” in stile impero, e la camera da letto con alcova in stile neoclassico con il magnifico bagno chiamato “gabinetto delle pietre dure”. Infine l’ultimo livello, cui si accede attraverso quattro scale a chiocciola in ferro poste sulle terrazze laterali, è la “Stanza dei Venti”, l’ambiente posto al termine dell’intera costruzione, originariamente destinato ad osservatorio. Ma sono le magnifiche decorazioni pittoriche degli interni che destano l’ammirazione dei visitatori. Tutto è improntato al gusto per l’esotico che va dallo stile “cinesizzante”, al turco, ma anche a quello pompeiano e neoclassico. Sul retro della Casina si trova un delizioso giardino all’italiana molto curato, con delle siepi che formano dei labirinti, suggestive fontane e alberi secolari. Nelle dipendenze della palazzina, antica sede delle cucine e delle stalle, trova posto il museo etnografico Pitrè, un museo interamente dedicato alle arti e alle tradizioni popolari siciliane fondato nel 1909 dal professore Giuseppe Pitrè. Ed è qui che si conclude la visita. All’interno del museo i ragazzi hanno modo di riscoprire la cultura materiale dei nostri antenati, gli usi e i costumi del popolo siciliano, le credenze, i miti, le consuetudini, le tradizioni dei nostri padri (la casa, filatura e tessitura, arredi e corredi, i costumi, le ceramiche, l’arte dei pastori, caccia e pesca, agricoltura e pastorizia, arti e mestieri, i veicoli, il carretto siciliano, i pupi, il carro del festino, le pitture su vetro, le confraternite, i presepi, i giochi fanciulleschi, la magia, gli ex voto, pani e dolci festivi). Inoltre, in una sala troviamo la grande cucina dei Borbone che, a prescindere dalla superficie, ben rappresenta le cucine tradizionali siciliane.
Quanta bellezza ci circonda! Che terra ricca di storia, di memoria, di cultura possediamo! La bellezza è difficile da costruire, e ancor più difficile da mantenere e da trasmettere; Palermo è una città di straordinaria bellezza, i suoi siti artistici, storici, paesaggistici hanno un valore inestimabile, sono oro puro, una grande risorsa culturale ed economica. La bellezza a noi giunta dal passato, se non verrà valorizzata come spesso accade, sarà destinata a sgretolarsi e noi siciliani rischiamo di perdere ancora una volta grandi opportunità di sviluppo e crescita.
Prof.ssa Piera Carollo
Prof.ssa Giusi Ganci
0